i poeti sono sarti destri
a cucire l’abito del testo
a misura sul corpo
delle parole
ponderano i suoni,
le lettere, il fiato
al giusto evento,
con perizia calibrano
il pennino gutturale
che le incide in eco
sul nastro sismico
della memoria
ma le parole non sono
vive o morte greggi
per sentenza di poeta
la carne delle parole pende
a volte in lasso pellame
al mercato dei generi in ribasso
a volte, insanguinate,
scavalcano reticolati,
steccati, crivellate
scampano all’afono
macello del tiranno
spesso sfuggono
per cronotopiche vie
al frankenstein
che le ha assemblate,
le senti di colpo urlare
e gemere nel caos
del discorso d’un matto
allora non ti resta
che lasciarle correre
in rime libere e sparse
al buio, fuori d’ogni riga
o colonna, mentre resti
sospeso in interlinea,
legato al palo
della matita
SOMMERSA LETTURA
Spento
il sole sul tavolo
dove
m’invento la vita.
Cadono
ombre spesse
sul
bivacco di carte e libri
che
m’assopisce.
La
notte caccia sogni
dentro
diari chiusi,
ululanti
comete di navi
nei
porti avventurosi,
pianti
e strazi d’amore
vibranti,
tutto scritto
sul
fremere di vele bianche
che
il tempo corsaro
ha
scompaginato.
Solo
un segnalibro di latta
rimane
al suo posto,
timone
alla rotta della lettura
sospesa,
testimone di attese
nelle stanche baie degli occhi.
(da "Versibolario", © Raffaele Messinese, 2010)
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